Bianchi

Il bianco in fotografia. 5 legami. Tutti i bianchi della fotografia. Cinque argomenti legati tra loro da 5 piccoli legami, ognuno chiama l’altro e lo spinge un poco più in là.

Tutti i bianchi della fotografia. Facebook mi ricorda di un avvenimento di 6 anni fa. Parto da qui e mi lascio portare per parlarvi di 5 argomenti legati tra loro da piccoli legami. Ognuno chiama l’altro e lo spinge poco più in là. Dei cortocircuiti che li mettono in contatto. E questo ci porta ad un colore che ci guiderá in  questa sera.

Non si tratta di un fil rouge ma bensì di un fil “blanc”. Il bianco ci guiderà nei pensieri e nelle foto di questo incontro.

Bianco n.1

E vi racconto perchè. L’avvenimento a cui mi riferivo è la mia prima mostra in via Cavour ad Arezzo. Si intitolava PAESAGGI PARZIALI ed era situata allo studio MILK. Milk è il latte, e il latte è di colore bianco. Partiamo da qui.

Ed entriamoci in questo colore.  Erano le foto di un viaggio in America. Scattai tantissime foto e mi proposero di esporle in questo studio che per l’occasione si trasformava in galleria. L’immagine di presentazione la intotolai “Hypnosis and Reflections”. Arriviamo in hotel e dalla finestra il primo paesaggio che vedo è un palazzo grande con le sue finestre che si ripetono fino all’ossessione.  Ogni finestra una vita, una storia. E il sole che radente evidenzia ogni mattone, ogni fregio. Lì di fronte c’è il mondo condensato. È un condensato di vite ai margini. Prostitute, spacciatori, vite al limite.

Paesaggi parziali perché?

Questa la cartolina di presentazione. La presentazione diceva così: “paesaggi visti da un turista: assimilo tutto come un paesaggio che si schiude ai miei occhi senza intenzionalità, che ti capita davanti, non lo scegli e non cerchi niente, ti imbambola, riflette ed ipnotizza, si moltiplica. Trovi sempre dei buchi, delle crepe, delle finestre attraverso cui guardare e al di là delle quali senti che si apre un mondo in cui da turista non puoi che definire parziale”. Le prime foto che accolgono i vistatori della mostra all’ingresso raccontano dell’inizio del viaggio: Capisci che l’America è un’altra cosa quando ti svegli nel cuore della notte e vedi dal finestrino ghiacci che non hai mai visto. Immensi e galleggianti.  Ti dicono che stai andando lontano.  Da un’altra parte. Spazi aperti e sconfinati ti aspettano ed esistono. Arrivi. Lo sai e lo senti che sei controllato, schedato, l’immigration ti fa sentire in quarantena anche se dura mezzora, ammassato, controllato, schedato . La storia dei nonni che si ripete, e che silenziosamente ripeti. Lasci le impronte, cedi l’iride,  la proprietà del tuo corpo è momentaneamente loro.  Sanno chi sei senza sapere chi sei. E questo peró ti fa sentire libero. Ma nel medesimo tempo senti che potrai essere quello che sarai: un avventura possibile. Una sensazione rara.

San Francisco.

Splendida, libera, una città del possibile. Una giostra, le montagne russe, un continuo saliscendi. E ogni tanto uno spicchio di Italia. La nebbia arriva in due secondi. Bianca anche lei. Il golden Gate Bridge. Ma dal lato B. Un lato insolito.  In basso il brulichio di un cantiere. Il backstage di una attrazione. E poi Alcatraz, visita obbligata.  Li senti ancora quella ciurma di detenuti.  Al dilà, un’isola nell’isola. E un vetro non basta. Anche se il buco è dimensionato per la canna di un fucile in caso di rivolte. Poi alla Death Valley alla volta di Las Vegas. Qui i paesaggi non sono più tanto parziali ma infiniti.

Una sosta a Dante’s Peak nella Death Valley.

E scatto questa foto. Forse tutti sapete che il legame tra la Banda Osiris di cui sono il fondatore e Caterpillar di RadioDue è strettissimo, nostra è la sigla. Allora questa foto era perfetta. La invio alla redazione, piace.  Tutti gli anni c’è il caterraduno una festa, un incontro tra il pubblico e i conduttori. Un’idea geniale. Il giorno della chiusura c’è l’asta benefica per Libera di Don Ciotti. Prendo il coraggio e decido di offrirla. Insomma finisce che la foto viene battuta a novecento euro.  La mia prima foto resa pubblica. Novecento euro. Un valore gigantesco. Neanche Bollani che offre una chiavetta con tutte le sue registrazioni raggiunge una cifra simile. Lì ho capito a cosa serve una fotografia: è qualcosa di UTILE.

Ma ritorniamo alla Mostra e andiamo alla fotografia che amo di più e che è quella che ci permette di fare il primo salto.

Bianco n. 2 MILK.  Milk il luogo della mostra. Milk un locale di Castro, San Francisco. Milk. Harvey Milk. Adesso vi racconto. Siamo nel quartiere Castro. Il piû libertario. Entriamo nel bar, il bar a lui dedicato.  Giustamente prima di prendere una birrà mi chiedono i documenti. Questo è uno degli aspetti che mi piace dell’America. C’è una legge e si applica senza distinzioni. Anche se sei in una zona franca. Tutti uguali. Tutto chiaro. Sempre. Sandra si siede per tenere un tavolo. E la foto si crea da sola. Harvey Milk (1930-1978) consigliere comunale assassinato insieme al sindaco Moscone da Dan White un consigliere indignato per lo strenuo e persuasivo impegno di Milk contro la Proposition 6, la legge che avrebbe permesso il libero licenziamento degli insegnanti dichiaratamente omosessuali. Milk aveva aperto un negozio di fotografia nel quartiere di Castro a San Francisco. Fin dal suo arrivo a San Francisco si impegna per ottenere diritti per la comunità gay. Nel 77 viene eletto come consigliere comunale affermandosì così come il primo omosessuale dichiarato ad ottenere un ruolo politico rappresentativo. Nonostante San Francisco fosse a suo modo più aperta e inclusiva di molte altre città e aree del paese, la sua elezione risulta essere comunque uno spartiacque nel contesto generalmente più ostile e ancora arretrato nei confronti degli omosessuali. Dopo l’assassinio si arriva al giorno della sentenza molto blanda che indigna la comunità di Castro e spontaneamente si crea un corteo in sua memoria, a lume di candela e decorato dalle bandiere arcobaleno –simbolo del movimento omosessuale – nato in conseguenza di questi eventi,  “sottolineò il legame tra MILK e la sua comunità, tra le prime ad aver abbattuto il muro di silenzio e soggezione che divideva una parte sociale da un’altra, i diritti di serie A da altri di serie B,  gli individui dagli altri individui.  Ancora oggi, la figura di Harvey Milk (negli Stati Uniti, ma non solo. In Europa anche) rappresenta la determinazione di un uomo, di più uomini, nell’affermare il proprio orgoglio di parlare,  di partecipare,  di esserci e, prima di tutto, di essere.”

Ora creiamo un altro legame, un secondo cortociuito legato al bianco.

Bianco n. 3 Neve

Bianco della nebbia di San Francisco, bianco metereologico, bianco della neve. Come sapete ho creato uno spettacolo on line fatto di musica, racconto, cinema d’animazione e fotografie che ho scattato durante il periodo della quarantena. Si intitiola “Fotografie da appartamento” e lo presento sabato prossimo alle ore 21.00 in diretta e dal vivo su Zoom. C’è un capitolo legato al fuori, all’aperto,  alla vista che abbiamo dal terrazzo che dà sull’anfiteatro e ve lo vorrei proporre, un piccolo assaggio. Ha nevicato quando era quasi primavera. Eccolo qua. Il silenzio è stato il regalo più bello di questo tempo. Stupefacente la prima sera e poi la seconda e per due mesi, ogni volta così. Le foglie mosse dal vento, piccoli rumori impercettibili gentili compagni delle notti di luna.  Un lato dell’appartamento è verso una strada del centro: il lato urbano. E l’altro è quello più naturale grazie al parco dell’anfiteatro.  Da sempre in conflitto, inconciliabili.  Grazie ad un piccolo virus l’urbano e il naturale sono stati uniti dal silenzio. E la neve sancisce questa unione.  E’ inutile che vi dica che le città andrebbero ripensate.  Per almeno un mese mi sono detto che forse si poteva ripensare il mondo, le città, le abitudini, l’economia, il lavoro, la terra che ci ospita. E lo dice chi  si è conquistato il privilegio di vivere la vita che volevo. Abbastanza.  Poi tutto è tornato come una dissolvenza neanche tanto lenta verso la vecchia stupida, fottuta, noncurante, volgare  e violenta “normalità”. Ci vogliono tempi lunghi e tanta pazienza e virtù.

Bianco n. 4 il bianconiglio

Quarto CORTOCIRCUITO. Se si parla di Bianco allora si parla anche di Bianconiglio. Ho riletto Aiice nel periodo della quarantena. E oggi mi è tornato in mente un brano musicale.    WITHE RABBIT dei Jefferson Airplane.  Un omaggio a Lewis Carrol e alla libertà. una canzone con un testo visionario, da LSD. Vi leggo la traduzione. Una pillola ti fa diventare più grande,  e una pillola ti rimpicciolisce E quelle che ti dà tua madre,  non servono a niente. Prova a chiederlo ad Alice,  quando è alta tre metri. E se tu vai a caccia di conigli,  e ti accorgi che stai per cadere dì loro che un bruco che fuma il narghilè  ti ha mandato a chiamare. E chiama Alice,  quando è proprio piccola. Quando gli uomini sulla scacchiera si alzano e ti dicono dove devi andare. E tu hai appena preso qualche specie di fungo, e la tua mente sta affondando. Prova a chiedere ad Alice, penso che lei saprà la risposta. Quando la logica e le proporzioni delle cose sono cadute morte al suolo. E il cavaliere bianco sta parlando all’incontrario E la regina di cuori ha perso la sua testa Ricorda quello che aveva detto il ghiro: Alimenta la tua mente, alimenta la tua mente

Composta da Grace Slick

White Rabbit racconta la storia di Alice che diventa altissima – espande la mente – e più piccola – senza potere – e che immagina e incontra ogni sorta di creature magiche. Naturalmente – come accadde a Lucy in the Sky with Diamonds dei Beatles – la canzone fu interpretata come la descrizione di un “viaggio” sotto LSD, con ovvi riferimenti a pillole e funghi allucinogeni. Ma la canzone può anche essere vista come una allegoria della generazione persa dei giovani americani durante la guerra del Vietnam. Alcuni andarono a “cacciare conigli”, altri decisero di seguire il richiamo del “bruco che fuma il narghilè” e protestarono, disertarono, bruciarono le cartoline di leva. Questa canzone fu un grido di battaglia della controcultura che tanto fece contro la guerra.” White Rabbit” è un appello a risvegliarsi, che infatti venne accolto.White Rabbit è una canzone di libertà, una chiamata alla mobilitazione per superare l’ordine patriarcale del tempo, per fare ingresso nel mondo della creatività e della conoscenza. Il messaggio finale, nelle parole del Ghiro, è “alimenta la tua mente”, acquisisci consapevolezza.

Bianco n.5 Vivian Maier

Quinto cortocircuito. Che ci lega al Bianconiglio c’è una foto, molto bella scattata da Vivian Maier.  Una foto di conigli bianchi su di un balcone. Vivian Maier aveva occhi dappertutto. E questa foto non se la lascia proprio sfuggire. Che fa partire una serie legata al bianco e alla neve. Ecco queso era il mio Bianco, tutto quello che ci avrebbe potuto abbacinare, quello che ci avrebbe obbligato a mettere gli occhiali da sole. I bianchi a volte in fotografia sono i bruciati, quello che ci obbliga ad eliminare una foto, che c ifa dire mannaggia se stavo più attento: la troppa luce. Invece si sono limitati, la abbiamo controllata l’eccedenza di luce. E ci siamo fatti accompagnare da loro.

 

Sogni come legarli e non farli svanire

fotografia di sogni

Sogni. Molti sogni. 

Ho creato un mondo costruito con tutti i miei sogni sovrapposti. Ho imparato come legarli e non farli svanire. Ci sarebbe da scrivere un manuale su come riconoscerli e tenerli vicini. 

Ho creato dei sentieri a forza di frequentare alcuni sogni preferiti., aperto delle vie che hanno creato nuovi sogni continuando a crescere questo mondo. 

Vento, spine, alberi, foglie, brina, acqua, voragini, deserti, il mare, un pescatore. 

Quando li ho riconosciuti o incontrati nella vita allora li ho fotografati. Perchè già li conoscevo. Già erano miei. Ora li ho legati perchè non mi fuggano via.  

Fotografie, musica e scrittura sono tutte farina del mio sacco.

Da qualche parte, sempre sul canale YouTube , “Incubi” l’altra faccia dei sogni. Clicca qui.

Scarabocchi

Un manuale per migliorare le fotografie e uscire dagli schemi quindi gli scarabocchi per quando la fotografia non basta più. Vi parlo di gente che pasticcia le foto, lascia dei segni, le altera, insomma persone che le foto da sole non gli bastano più. E vuole dare più potere ai suoi scatti. Chi ci scrive sopra. Chi le commenta. Chi le deforma. E’ un bene la contaminazione? Aiuta, aumenta il significato? Dallo scrivere, annotare i luoghi, le date sul retro delle fotografie fino a farle commentare dai diretti soggetti, alterare le prospettive, intervenire sui profili, renderli liquefatti. Racconto di 5 fotografi che ci parlano di questo. Bisogna sempre avere il coraggio di sconvolgere, deturpare, modificare, aggiungere, specificare. Le fotografie sono un poco come i sentimenti, ci vuole coraggio per prenderne le distanze.

Domenica 16 agosto

un ombra lunghissima

“Non mi devi parlare di altre cose, mi devi parlare di te” #06

Ore 6.58 allenamento, ombre lunghe.

Proprio dietro alle scuole dove andró a votare c’è un piccolo parco tra l’Asl e l’Aci. Richiama ruderi, ma in realtà ci sono solo alberi.

La luce che lo inonda è rossa e radente a questora. Bastano pochi minuti e questa svanisce, non ti è più complice.

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Allenamenti

“Non mi devi parlare di altre cose, mi devi parlare di te” 

Ecco il mio nuovo progetto per Agosto.

Normalmente si parla di cose, di avvenimenti, nel migliore dei casi si tende a spiegare qualcosa, troppo raramente parliamo di noi stessi. Delle cose importanti, di come vediamo il mondo e di cosa vale veramente la pena di far vedere. Non chiacchiere, non dimostrazioni. Quello che si è. Nel profondo.

A poco a poco incomincio ad uscire. Pochi metri. Tutte le mattine faccio un percorso, più o meno sempre lo stesso, quello che mi piace di più. 4 km. Dico che “vado a correre”, in realtà cammino veloce. 40 minuti appena, presto la mattina tra le 6,00 e le 7,00, tanto mi sveglio naturalmente. Ma sono fondamentali per la mia salute, i miei occhi ed i miei pensieri.

Le regole.

Scattare con l’iphone mentre sei in allenamento, corsa o camminata veloce.

Il formato deve essere quadrato.

Le foto che scatti non devono interrompere l’allenamento. Al massimo la sosta non deve superare i 3 secondi.

Puoi fare un solo scatto.

Ti devi lasciare toccare da qualcosa di importante e devi essere rapido.

Pubblica una foto al giorno.

Lo scatto deve essere il tuo modo di essere, quello che sei, al tuo massimo livello, rivelare quello che i tuoi occhi vedono in una modalità intelligente.