Degli smarrimenti e dei sogni, quando ne restano.
Gira su YouTube il video di un ragazzino che balla in un teatro bellissimo. Stacco, e lo stesso ragazzino balla la stessa danza tra le macerie. Sono le macerie del teatro di Mariupol. E dentro ad un teatro è stato dato l’ultimo saluto ad un immenso attore Eugenio Allegri. Fa strano parlare di morte, di addii, in un teatro dove, anche quando si mette in scena una tragedia delle più pesanti, esiste solo vita. Il palcoscenico è vita. La voce, il movimento di un attore è vita. Così come la comunione che si crea tra il pubblico e chi recita è vita. E se i teatri non ci fossero più, e se restassero solo macerie? Così è successo in Italia nel ’43. Milano città presa di mira da ingenti, devastanti bombardamenti ha perso una decina di teatri. In queste meditazioni e unioni legate al disfacimento del teatro cerchiamo una speranza, una risposta.
Il 13 maggio Gabriele Vacis regista eccelso, drammaturgo e docente posta un commento e una fotografia.
“Gira su YouTube il video di un ragazzino che balla in un teatro bellissimo. Stacco, e lo stesso ragazzino balla la stessa danza tra le macerie. Sono le macerie del teatro di Mariupol. Stamattina, al Teatro Carignano, allestito a camera ardente per Eugenio Allegri, ho pensato che dolore sarebbe vedere il teatro Carignano in macerie come il teatro di Mariupol, e ho capito. Che qualcuno possa distruggere casa mia è un pensiero agghiacciante. Ma che si distrugga il Teatro è anche peggio, perché il teatro di una città è casa nostra, la casa di tutti. E’ sacro. E stamattina conteneva il corpo senza vita di uno dei suoi sacerdoti più amati. Lo vedevi negli occhi della gente in coda, gente di teatro ma anche spettatori, gente comune. Un sacco di gente nel nostro teatro a salutare il nostro amico Eugenio. Per un momento l’ho visto danzare, nel buio del palcoscenico vuoto, insieme a quel ragazzino nel teatro di Mariupol.”
Eugenio Allegri, il teatro di Mariupol.
La vita che si allontana dai teatri. Eugenio Allegri che si allontana da noi.
Grandissimo attore. Anarchico sconquasso, grazia scalpitante, surreale metafisico, soffio e finimondo, parola di un teatro fisico. Conosciuto per “Novecento” di Alessandro Baricco con la regia di Gabriele Vacis. La triade perfetta per uno spettacolo eterno. Insieme eravamo tra l’aldilà e l’aldiquà nella finzione de “L’ultimo suonatore”.
Dopo aver letto questo post mi son chiesto se mai fossero stati bombardati i teatri italiani durante la guerra mondiale. Roba di “pochi” (tra virgolette) anni fa. E vi racconto mostrandovi qualche foto. Poiché è un argomento difficile mi limiterò ad un elenco di avvenimenti e solamente legati ai teatri. Faccio una premessa rendendomi conto di mille domande che l’ultimo conflitto genera: la nostra inermità nelle libere scelte, l’essere sempre e comunque vittime ancor prima che una guerra si scateni. Sento svanire un’idea di libertà. Con la domanda di quello che succederebbe in caso di una aggressione. Io, noi. Inermi, deboli e ancora, sempre, carne da macello. Improvvisamente.
Ma iniziamo e concentriamoci su Milano e i teatri.
Americani e Inglesi avevano visioni discordanti sulla conduzione dei bombardamenti in Italia. Erano loro ad effettuarli. Gli americani erano per operazioni mirate, di giorno, più rischiose per i piloti ma fatti per colpire con maggiore precisione gli obbiettivi militari, evitando per quanto possibile vittime tra i civili. Gli inglesi spingevano per bombardamenti a tappeto, di notte, privilegiando armi incendiarie.
1943
14 e 15 febbraio colpito il teatro Lirico e diversi cinema. 133 vittime, 442 feriti, 10.000 senza tetto. Milano “ritta ma traballante”
“ Il primo giorno vidi Milano «insudiciata» dalla morte. Poi la notte calò e uno spettrale silenzio.
“Ma la vide subito laggiù la sua casa. Era ancora in piedi. Intorno montagne di macerie, mozziconi di mura maestre. La sua casa era rimasta in piedi ma senza dirselo sentì che era caduta con le altre, perché la nostra casa è fatta anche delle altre case; e se le mura, materialmente, non erano state colpite, il focolare era stato straziato. Guardò poi il ritratto del figlio, appeso alla parete. Era un po’ inclinato. Lo rimise dritto.” (Giorgio Scerbarenco)
7 e 8 agosto dopo l’arresto di Mussolini per accelerare la resa dell’Italia bombe incendiarie a Milano. Ore 0.52 suona l’allarme. 197 aerei Lancaster partono dall’Inghilterra carichi di bombe incendiarie. Distrutto il teatro dei Filodrammatici, il teatro Garibaldi. Gli spezzoni incendiati del Corriere della sera sfondano il teatro alla Scala. In tutto 600 edifici distrutti. 161 morti, 281 feriti. L’obbiettivo era distruggere la città entro un mese.
“Arrivò a Milano, discese in piazzale Loreto e continuò a piedi attraversando tutta la città. Le case bruciavano, fumo, polvere, soldati, quelli dell’Unpa col bracciale rosso, un vecchio teneva in mano la catena della sua bicicletta e la guardava, stupito che si fosse rotta proprio quando più ne aveva bisogno. Vezzari arrivò a fatica nei paraggi di casa sua. Quasi non si orientava più. I crolli e gli sventramenti avevano cambiato la fisionomia del paesaggio. Ma la vide subito, laggiù, la sua casa: era ancora in piedi. Intorno montagne di macerie, mozziconi di mura maestre.” (Giorgio Scerbarenco)
12 e 13 agosto
321 Lancaster e 183 Halifax partono per la “tempesta di fuoco”. La città brucia per vari giorni.
“Invano cerchi tra la polvere,
povera mano, la città è morta.
È morta: s’è udito l’ultimo rombo
sul cuore del Naviglio. E l’usignolo
è caduto dall’antenna, alta sul convento,
dove cantava prima del tramonto.” (Salvatore Quasimodo)
14 e 15 agosto
140 Lancaster partono per terminare il lavoro. Alle 0.32 suona l’allarme. Un’ora di bombardamenti. Distrutto il teatro Dal Verme e il teatro Verdi. Gli alleati non ritengono sufficienti i danni.
15 e 16 agosto.
Dalle 0.31 alle 2.22 bombardamenti. Viene colpito il teatro alla Scala. Distrutta la volta, il proscenio, l’arco scenico, i magazzini.
Con Eugenio Allegri nello spettacolo che si fece insieme per due stagioni eravamo anime perse in una sorta di teatro-circo-tenda sperduti, anime, angeli o ex angeli in clima di guerra, era il periodo della guerra del Golfo, echeggiavano musiche di Kurt Weill, i testi erano quelli non proprio graditi al nazismo di Karl Valentin maestro di Brecht. Ed Eugenio recitava, quasi cantando, “Il disertore” di Boris Vian.
“In piena facoltà, Egregio Presidente, le scrivo la presente, che spero leggerà. La cartolina qui mi dice terra terra di andare a far la guerra quest’altro lunedì. Ma io non sono qui, Egregio Presidente, per ammazzar la gente più o meno come me.
Io non ce l’ho con Lei, sia detto per inciso, ma sento che ho deciso e che diserterò. Ho avuto solo guai da quando sono nato e i figli che ho allevato han pianto insieme a me. Mia mamma e mio papà ormai son sotto terra e a loro della guerra non gliene fregherà. Quand’ero in prigionia qualcuno m’ha rubato mia moglie e il mio passato, la mia migliore età. Domani mi alzerò e chiuderò la porta sulla stagione morta e mi incamminerò.
Vivrò di carità sulle strade di Spagna, di Francia e di Bretagna e a tutti griderò di non partire più e di non obbedire per andare a morire per non importa chi.
Per cui se servirà del sangue ad ogni costo, andate a dare il vostro, se vi divertirà. E dica pure ai suoi, se vengono a cercarmi, che possono spararmi, io armi non ne ho.”
Eugenio ci lascia.
I teatri vengono di nuovo bombardati.
E’ sempre più difficile sognare un futuro, intorno veramente c’è un vuoto.
Questa volta vi ho proposto una grande doppia tragedia. Come speranza e consolazione ho che il teatro alla Scala è stato ricostruito, così il Dal Verme, il Verdi, i Filodrammatici. Eugenio ce lo porteremo dentro e ad ogni apertura di sipario onoreremo la sua arte che sempre ci ha fatto sorprendere, sempre è stato fatto di movimento e sudore. Continueremo danzare inarrestabilmente nei teatri vuoti anche se il buio sta avanzando un pochino di più.
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