Le fotografie sono finestre

La finestra che ha dato inizio alla creazione del mio spettacolo su Vivian Maier è stata quella di intrufolarmi in una sua foto, l’ho abitata, incredibile sacrilegio. Da lì è stato un continuo ragionare sulla fotografia come finestra, una finestra portatile. Guardare, curiosare, analizzare. Le finestre di Jean Loup Sieff, Rodney Smith, Shizuka Yokomizo, Giorgio Barriera, Michael Wolff, Keichii Tahara e Vivian Maier, oltre alle mie, ci accompagnano in questo viaggio. Usare le finestre per guardare fuori oppure lasciare entrare dalle finestre: il mondo, i suoni , la luce. Lasciarsi guardare e guardare attraverso, questa l’altalena del nuovo video.

Bentrovate e bentrovati. Il titolo di oggi apre e forse anche chiude. A cosa servono le finestre? 

Prima finestra, la mia. Grazie alla pioggia e al restare in casa.

Ecco la foto che ha dato inizio alla mia ricerca. Ci sono foto che non puoi fare a meno di scattare. Telefonino e via. 

La finestra che ha dato inizio alla creazione del mio spettacolo su Vivian Maier è stata quella di intrufolarmi in una sua foto, l’ho abitata, incredibile sacrilegio. Vi faccio vedere.

“Da qui controllo tutto, vedo tutto, l’edicola è un osservatorio, è la mia finestra sul mondo. Qui vendo il mondo mentre loro osservo.”

Questa è la mia idea di fotografia: c’è tutto quanto, tutto quello che penso sulla fotografia: è una tendina che si apre, questo succede anche nelle macchine fotografiche. Una tendina che si alza e fa passare la luce. Si alza il sipario, si va in scena! Ci si apre alla luce per una manciata di centesimi di secondo. E fuori ci sono io che guardo il mondo. La fotografia è una grande finestra. In più ha il vantaggio di essere mobile, possiamo portarcela dietro, possiamo decidere cosa farci entrare e che cosa lasciare fuori. 

Succede sempre che quando vado nelle case sconosciute di amici oppure di conoscenti, alle feste, quando entro in un ufficio, la prima cosa che faccio è affacciarmi alla finestra. Non so perché però guardare, curiosare, scoprire un punto di vista che non sia il mio solito mi affascina. 

Il primo ricordo di questa sensazione fu quando andai dal mio amico che abitava al piano di sotto.  Ero piccolo, avrò avuto 6, 7 anni, lui abitava esattamente sotto di noi.  Mi affacciai e dalla sua finestra vedevo un’altra cosa, un’altra città, un  altro mondo. La posizione era la stessa ma alcuni dettagli non c’erano più, altri erano più marcati come se ci fosse stata una distorsione.

Ho fatto un viaggio in america. E’ quello che vi ho appena raccontato. Entrato in hotel, affacciato alla finestra e scattato. Immediatamente. E’ poi è diventata il manifesto di una mostra, si intitolava “Paesaggi parziali”. Essere parziale, con la mia fotografia non posso essere assolutamente oggettivo ed imparziale. 

Quello che da fuori arriva dentro. Luce, libertà. Altri suoni, silenzi. Vi farò vedere non tanto quello che dalle finestre si vede, si spia, ma quello che entra dalle finestre. Luce il più delle volte. Perché le finestre non sono fatte solo per guardare fuori ma sono fatte perché qualcosa entri. Il mondo per esempio, l’aria, la luce, i suoni.